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#Debito#Cemento#Precarietà – Note primaverili alla tavola di Expo 2015

Ministero del cemento – YouTube

067La recente, ennesima, crisi del debito riapre la possibilità di introdurre argomentazioni radicali, nel panorama spoglio di contenuti di una politica inadeguata, che persevera in ragionamenti superficiali non in grado di intaccare realmente lo stato di cose (per non parlare delle esoteriche ritualità parlamentaristiche). Argomentazioni radicali con lo scopo di creare spazi di interlocuzione produttivi in cui si perseguono non tanto risposte a problemi (andate dal medico per ottenere ricette di questo tipo) quanto domande in grado di stimolare un nuovo momento di libero confronto sociale senza dogmi e senza imposizioni. Un momento in cui poter ragionare con la pistola puntata alle tempie rivelatasi scarica. Lungi dall’aprire capitoli depressivi su una società in decomposizione, ci piace pensare ad una nuova speranza,  a nuove possibilità e nuovi approcci rispetto ad attività sino ad ora utilizzate dalla new governance per promuovere disuguaglianza e nocività. Per questo motivo è per noi necessario stimolare un ragionamento sul debito in quanto strumento di governo con cui si effettuano scelte che hanno forti ripercussioni sociali. Per questo motivo non ci esimiamo dal criticare gli allarmismi riguardo alla crisi del cemento. Per questo motivo osserviamo come, anche nel terreno del lavoro, lo smantellamento dei diritti e delle garanzie proceda rapidamente anche all’interno di settori un tempo considerati “garantiti”.

Sullo sfondo Expo2015, il megaevento, volano delle trasformazioni territoriali, economiche e sociali.

#debito#cemento#precarietà, note primaverili

Il #debito finanziario del Comune di Milano ammonta a 4,3 miliardi di euro. Circa un terzo di questo debito è composto da prestiti obbligazionari. Nel 2010 il debito del Comune era di poco inferiore ai 4 miliardi di euro, ai tempi secondo in Italia per debito pro capite (dopo, guarda caso, Torino) e primo per debito complessivo. Qui i dati. Non ci sono ancora tabelle simili per gli anni seguenti. Il rating di Milano, per l’agenzia Fitch, è A-. L’abolizione dell’ICI, il progressivo taglio di trasferimenti dallo stato al locale e gli interessi del debito contratto con le banche sono tre dei principali elementi che hanno prodotto la voragine.

Il deficit, invece, stando ai numeri comunicati dalla grande stampa sino a questo momento, si aggira attorno ai 500 milioni di euro, cifra che ovviamente col bilancio ancora nemmeno in bozza è totalmente priva di significato ed ha una funzione squisitamente terroristica utile a far da slancio alla vulgata egemone della spoliazione del pubblico, dell’aggressione al patrimonio demaniale ed edilizio e dello smantellamento dei servizi pubblici: in parole povere coloro che vogliono mandare in pensione la città pubblica e veicolare la ricchezza metropolitana all’interno di una nuova accumulazione originaria, in cui i poteri finanziari prenderanno definitivamente il posto di comando sulle nostre vite, con buona pace dei detrattori della politica, dei suoi costi e del livello di corruzione dei suoi protagonisti.

Il bilancio verrà approvato entro e non oltre il 30 giugno 2013, data oltre la quale ogni critica diverrà mera filosofia. Fortunatamente esistono anticorpi nati dall’autorganizzazione e che, al momento, portano il nome di “Forum per una finanza pubblica e sociale”, in cui un particolare occhio di riguardo viene dedicato appunto al bilancio comunale ed alle linee guida fortificate dal nuovo assessore Balzani. audit19apr-541763_438565336229644_1478365684_n

Grazie a questa spinta oggi è possibile quanto meno discutere apertamente sulla famigerata crisi del debito andando più nel profondo, oltre le sterili polemiche partitistiche. La piena osservanza al dogma imposto del pareggio di bilancio, la scarsa trasparenza e l’impossibilità di una partecipazione pubblica al dibattito compaiono già nell’appello (condiviso anche dalla collettività NoExpo).

La coperta è quindi corta, a sentire gli argomenti della giunta Pisapia, appena rinnovata e fresca di nuovi attriti interni dovuti alla tagliola dell’erede di Tabacci (Balzani, direttamente dal parlamento europeo) in merito ai costi degli assessorati, visti per lo più come dispendio di denaro pubblico. A farne le spese, ad oggi, sembrano essere le tanto decantate ma mai messe in pratica misure anticrisi per le fasce sociali più in difficoltà, misure che si limitano a pacchetti welfare la cui entità è di un pugno di milioni di euro, in buona parte a sostegno delle aziende più che dei lavoratori (spesso a sostegno della trasformazione del lavoratore/azienda), oltre che l’appetitoso patrimonio pubblico nelle sue più sfaccettate forme (immobili, società partecipate, servizi).

 Lavori pubblici

La coperta non è corta per i lavori pubblici in vista di Expo2015 invece: nonostante una disponibilità dichiarata di 120/130 milioni di euro, il neo assessore Rozza richiede a bilancio una presenza di più di 300 milioni di euro. Non meglio precisati tecnici precisano che la sola ordinaria amministrazione in città ha un costo di 80/100 milioni di euro, costi verosimili se consideriamo l’incredibile disagio prodotto allo spazio pubblico dai numerosi cantieri attivi in città. Ovviamente è Expo2015 a fornire al “settore” la scusa per impadronirsi di abbondanti risorse pubbliche, meno di quello che agli antipodi i promotori del megaevento pensavano ma pur sempre una bella torta da spartire. La cifra di cui si discute è l’ennesima conferma del fatto di dover considerare le spese per l’organizzazione dell’evento ben più ingenti di quelle che formalmente verranno dedicate ai lavori per il sito Expo e quindi versate da Milano all’interno di Expo spa.

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Se i servizi alla persona sono sotto attacco, quindi, stesso non si può dire quindi del comparto lavori pubblici: in una città in rapida e rozza trasformazione, con un megaevento alle porte, ai limiti di bilancio si pone rimedio con una cura dimagrante al sociale e col reperimento di ulteriori fondi.

In passato, quando il sistema offriva già abbondanti segnali di instabilità, ai problemi di reperimento fondi si poneva rimedio rivolgendosi alla finanza privata. In epoca di pareggio di bilancio e crisi del debito il reperimento fondi diventa invece possibile attraverso operazioni di vendita. Da tempo Aler sta gestendo (con poco successo) vendite del proprio patrimonio immobiliare pubblico attraverso l’intermediario Gabetti, le dichiarazioni sia di Rozza sia di Balzani fanno presagire a nuove importanti vendite in questo settore, vendite caratterizzate da una necessità di chiudere nel breve e che quindi prenderanno facilmente le sembianze della svendita. A farne le spese potrebbero essere interi quartieri popolari di questi tempi preoccupati per le premesse d’un futuro di macerie ed inclini all’autorganizzazione (un esempio ne è Drago, in Giambellino).

 Lavori per Expo: odissea per la vita

E’ aperto anche il capitolo che riguarda più nello specifico i lavori necessari alla costruzione di Expo2015. I cantieri sono ancora in alto mare ed attribuire il ritardo alla burocrazia è semplicemente folle: la verità è da ricercare nelle casse della società Expo2015, casse vuote che ancora non godono, per esempio, degli 833 milioni di euro di finanziamento pubblico, il grosso degli 1,3 miliardi di euro che servirebbero alla realizzazione dell’evento strettamente inteso. Il ministro Passera, ex ad di Intesa Sanpaolo spa (partner finanziario di Expo), si sta impegnando in queste ore a promuovere un decreto ad hoc. Una misura anticrisi di sicuro impatto, investire su un evento il cui passivo di bilancio post 2015 è praticamente assicurato. Provincia, Camera di Commercio e Regione Lombardia sono fortemente in ritardo rispetto ai versamenti da effettuare a favore di Expo spa. Il comune di Milano ha già invece versato più della metà della somma richiesta (159 milioni di euro ), a conferma del fatto che ormai pare che Palazzo Marino sia l’unica istituzione che ancora crede nelle possibilità del megaevento.

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Questo quadro rende ancora più evidente la difficoltà degli enti locali nel venire a capo delle limitazioni di bilancio con cui sono costretti a ragionare su Expo, nonostante l’oggetto sia talmente prioritario da essere l’unico argomento utile per ottenere una deroga al patto di stabilità. I privati per il momento stanno a guardare e, ovviamente, non contribuiscono.

Da un lato il reperimento di nuovi capitali in prospettiva Expo, dall’altro la tanto agognata deroga, ritenuta necessaria in funzione grande evento, anche nel momento in cui questo si svela non come motore di nuova occupazione, ma come strumento di reperimento volontari per organizzare allegre festicciole all’aria aperta nell’estate 2015 sulle ceneri della città pubblica (poiché di volontari ormai si parla apertamente in merito all’organizzazione eventi).

Non si parla di spese infrastrutturali, quelle che avrebbero dovuto agevolare il trasporto urbano. Al contrario, Expo drenerà quelle risorse utili proprio (per esempio) alla costruzione delle nuove linee della metropolitana. Lo farà in maniera autoritaria, attraverso un commissario straordinario, come per la Torino delle Olimpiadi col risultato di scalzare proprio Torino dalla leadership nella classifica delle città più indebitate d’Italia. La nota positiva riguarda invece le difficoltà economiche di progetti mostruosi come Pedemontana, TEM e Brebemi.

Si parla per concludere di difficoltà non burocratiche ma di tutt’altra natura. La comunicazione ufficiale, in definitiva, anche quando si fa critica, racconta mezze verità, poiché dietro la maschera che vuole conferire a problemi burocratici il motivo del ritardo sui lavori si nasconde la richiesta di rendere possibile, in maniera più o meno velata, il falso in bilancio ed il lavoro senza diritti.

 Crisi del #cemento

L’insistere sul cemento e sul mattone deriva principalmente da una condizione di mercato maturata negli anni e fautrice di questo stato di crisi economica oltre che dell’imbruttimento paesaggistico generale e di un disavanzo ecologico oggi aberrante. L’industria del cemento è stata traino dell’economia di questo paese utilizzando una legislazione favorevole ed una domanda per anni in costante crescita. Il gigante economico si è ingrossato a dismisura regalando alle nostre vite agglomerati urbani privi di ogni logica e carenti di servizi. Assunte dimensioni spropositate, totalmente fuori dal realismo e figlie semplicemente del vortice speculativo, questo moderno mostro economico ha osservato il crollo della domanda reagendo in maniera apparentemente convulsa, con la consapevolezza di chi riconosce come inevitabile il proprio declino su questo territorio e con la lucidità di chi, rendendosi conto del periodo, cerca di portarsi a casa più risorse possibili motivando il sostegno richiesto con la crisi del settore. Ecco un esempio.

Sostenere oggi l’industria del cemento è semplicemente un ulteriore passo verso l’acuirsi della crisi, al di là dei problemi occupazionali che stanno venendo al pettine per l’intero settore. La riconversione della produzione, una nuova relazione fra modelli produttivi e qualità della vita, una diversa concezione della distribuzione della ricchezza sociale, partendo dall’ottenimento del reddito di base incondizionato con lo scopo di invertire il corso di una politica economica che oggi principalmente produce disuguaglianza è l’unico modo di pensare ad un’opposizione contro la crisi del cemento che inevitabilmente deve diventare di più di una lotta per la conservazione di posti di lavoro meramente resistenziale e lavorocentrica. Un paese che esce dalla crisi è un paese in cui l’industria del cemento si ridimensiona e cessa di produrre nocività. Salvare le aziende le cui attività nuocino gravemente alla salute dei territori è una missione che non ci appartiene. Chiudere la fabbrica della disuguaglianza è il nocciolo della questione.

san_precarioSeguendo questa direzione, l’atteggiamento noexpo per la prossima mayday parade vuole evidenziare come all’ordine del giorno non ci siano semplici accorgimenti tecnico economici utili a far ripartire la domanda (e la discussione istituzionale oggi di questo tratta) ma più radicalmente un nuovo progetto di società con differenti indirizzi politici ed economici. San Precario insegna: il reddito di base incondizionato non è un ammortizzatore sociale ma un differente modo di agire nel campo della politica economica.

Amministrazione comunale, il ritorno della #precarietà

Un caso emblematico percorre in questi giorni i corridoi dell’amministrazione comunale: l’esternalizzazione dei sistemi informatici. I sistemi informatici oggi costituiscono un nodo fondamentale per l’organizzazione di qualsiasi amministrazione aziendale, figuriamoci se si parla di un’azienda con più di 15 mila dipendenti. Il fatto che il servizio informatico venga svolto totalmente o quasi totalmente da aziende terze rende l’azienda ricattabile e le spese in merito all’apporto tecnico incontrollabili, poiché in assenza di un know how interno vien difficile opporsi alle richieste del service, pena il blocco delle procedure amministrative. L’impatto di ciò è visibile sia in bilancio sia nei limiti di progettazione di una struttura che non possiede autosufficienza. I dipendenti del servizio informatici del Comune di Milano sciopereranno contro queste scelte il 29 di aprile. Liberarsi di un settore così strategico comporterà ad una riduzione delle spese di personale molto inferiore alle spese sui servizi che l’amministrazione comunale sarà chiamata a pagare in conseguenza di questa scelta.

Seguirà uno sciopero di tutto il personale del Comune di Milano il 13 maggio, il primo dall’era Albertini. Mentre Expo2015 continua a drenare risorse il resto dell’amministrazione è costantemente limitata da problemi di bilancio. I primi ad esser minacciati sono i precari, stavolta però è tutta la struttura a sentirsi attaccata.

Questo testo ha cercato di fornire alcuni elementi attraverso cui più in generale si possa ragionare sul governo della metropoli. Il nostro punto di vista denuncia l’utilizzo strumentale dei limiti di bilancio utili a sostenere l’avvento di un nuovo modello di metropoli che è diametralmente opposto all’idea di città pubblica e partecipata. Costruzione di cui Expo2015 è il cardine.

 Prossimi appuntamenti

1 maggio – MayDay – Una sola grande opera: reddito per tutt@; Expo=debito+cemento+precarietà

Passando freneticamente, come nostra abitudine, dal macro al micro, il prossimo primo maggio alla Mayday Parade saremo presenti con uno spezzone aperto alle lotte territoriali, contro le nocività ed a rilancio di una progettazione differente il cui primo simbolico mattone è l’uscita da Expo, unica vera grande opera da realizzare. Senza pagare penali, al limite richiedibili direttamente ai responsabili di questa scelta ed al Bie stesso, osservatore passivo di un mercato dei voti più o meno esplicito nel periodo che ha preceduto l’assegnazione. L’appuntamento è alle 14 in Piazza 24 maggio. Qui altre info

 3 maggio – Laboratorio precario a PianoTerra: Expo2015

Prima tappa di un laboratorio che, partendo dalla critica più generale ad Expo2015, si inserisce nello specifico delle vie d’acqua, unico cantiere direttamente collegato ad Expo che potrebbe aprirsi all’interno del territorio del Comune di Milano.

480729_318815808244979_880401212_n5 maggio  – Pedalata Critica contro via d’acqua per Expo2015

Seconda tappa del laboratorio: la pedalata critica per le vie d’acqua, sarà momento di conoscenza del percorso e delle sue criticità, tematiche che verranno approfondite nell’incontro pubblico delle 18, lo stesso giorno, al Bosco in Città, organizzato dalle associazioni critiche nei confronti di questo progetto.

Il laboratorio si aprirà poi ad un momento di produzione partecipata e multiforme a cui invitiamo tutti i cittadini sensibili. Info laboratorio/pedalata critica

 

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