#ScioperiamoExpo, contro debito cemento precarietà
Lo sciopero sociale del 14 novembre ha portato per le vie di Milano diverse migliaia di persone, tra studenti e studentesse, precari e precarie, disoccupati e disoccupate. Scioperiamo Expo è stata la declinazione metropolitana di questa inedita sperimentazione di sciopero dal basso. Abbiamo scioperato Expo portando in corteo e dal palco Fiom in piazza Duomo le contraddizioni, gli inganni, le devastazioni del mega-evento, nascoste dalla propaganda mediatica e istituzionale.
La nuova ondata cementizia con cui si sta riempiendo una metropoli, in primis, il cui suolo è cementificato già per oltre il 60%. I problemi della devastazione ambientale sono in questi giorni sotto gli occhi di tutti: le esondazioni dei fiumi Lambro e Seveso, un dissesto idrogeologico che ha paralizzato il territorio e che richiede la messa in sicurezza immediata. Per questo in Darsena due striscioni sono apparsi all’info-point di Expo e al nuovo triste mercato comunale, striscioni che con semplicità gridavano : Expo 2015 dalla Darsena a Trenno, devastare le città energia per le speculazioni. Aggiungiamo, alla luce delle piogge di questo fine settimana, che i 45 milioni di euro destinati alla nuova, ulteriore revisione del progetto Via d’Acqua vengano ricollocati a favore della protezione della città, della popolazione, del territorio.
La precarietà, permessa dagli accordi firmati in nome dell’eccezionalità dell’Esposizione, denunciati nell’intera giornata: dall’intervento dal palco Fiom, ad un pubblico di lavoratori ex garantiti anch’essi colpiti da crisi e legislazione speciale di Expo, all’azione comunicativa svoltasi all’Arengario dove abbiamo detto una volta di più che “gratis non vi taglieremo nemmeno una fetta di torta”; che il lavoro si paga e la folle narrazione tossica che vorrebbe giustificare l’uso di volontari al posto di lavoratori pagati va combattuta. Expo come anticipatore e peggioramento del Job’s Act.
La fondamentale componente studentesca in corteo ha manifestato contro il reclutamento di manodopera gratuita o fortemente sottopagata da parte di Expo nelle scuole e nelle università, campagna che va di pari passo con l’abbattimento della scuola pubblica decretato dalla cosiddetta “Buona Scuola” di Renzi e Giannini: azioni alla statale e sanzionamenti a scuole private lungo il percorso. A tutto questo la questura ha risposto non facendo arrivare il corteo autorizzato all’arcivescovado in piazza Fontana (dove si è tenuta una conferenza di presentazione della riforma scolastica), caricando con tanto di lacrimogeni in piazza santo Stefano e poi successivamente davanti l’arcivescovado (qui i video delle cariche )
Dopo la mobilitazione #ExpoFaMale dell’11 e 12 ottobre scorsi, lo sciopero sociale milanese è stata una grande prova di mobilitazione dal basso, il necessario intreccio con il mondo del lavoro precario e non garantito, un altro importante passo nell’anno NoExpo che stiamo vivendo a Milano, verso il Primo Maggio 2015.
Le compagne e i compagni della rete Attitudine NoExpo
- -seguono per approfondimento: testo dell’intervento letto dal palco fiom, testo volantino distribuito in darsena, testo del volantino distribuito in piazza duomo
– Testo dell’intervento letto dal palco Fiom in piazza Duomo durante azione contro lavoro gratuito
Dalla mezzanotte di oggi, venerdì 14 novembre, si sta svolgendo in oltre 60 città d’Italia lo sciopero sociale e precario nazionale: <<che cos’è?>>, vi starete chiedendo? Si tratta di un percorso, un’idea che da diverso tempo i movimenti e le realtà autorganizzate del precariato e del lavoro stanno discutendo e cercando di rendere concreto; un percorso, una mobilitazione nata dall’incontro di centinaia di attivisti, rappresentanti di quel vasto mosaico che è oggi il mondo del lavoro frantumato e atomizzato.
Lo sciopero sociale è la mobilitazione, la protesta, la rivendicazione dei lavoratori non rappresentati, privi di un ruolo o un posto fisso, senza la possibilità di vivere secondo le proprie capacità, i propri bisogni, senza essere retribuiti in maniera giusta rispetto al proprio lavoro.
Studenti, lavoratori della cultura, educatori ed insegnanti precari, infermieri e medici, badanti, trasportatori, camerieri, stagisti e tirocinanti, lavoratori delle pulizie, lavoratori della logistica, stagionali, autonomi e partite iva, COCOPRO e COCOCO, tecnici del video e del suono, nuovi braccianti, le molte categorie del lavoro informale e temporaneo…e potremmo continuare ancora a lungo: il prodotto di oltre 20 anni di deregolamentazione, delle 46 categorie contrattuali, le eccezioni che di deroga in deroga sono diventate la norma.
Le generazioni che stanno crescendo sotto la dura ristrutturazione della crisi e quelle più vecchie, convinte di avere i diritti assicurati una volta per sempre e cui la crisi e gli spazi aperti dalle “eccezioni” concesse e firmate negli anni passati stanno eliminando le cosiddette GARANZIE.
Questo è un governo che prende provvedimenti dichiaratamente classisti, che alimentano e producono disuguaglianza sociale: dal mondo del lavoro a quello della scuola, a quello del diritto alla casa passando per le grandi opere: contro-riforme imposte con i manganelli in piazza (come abbiamo visto a Torino e a Roma nelle ultime settimane) e con l’arroganza padronali nelle tv, nei salotti, nelle sedi europee.
A Milano da tempo abbiamo riconosciuto il modello sperimentale del paese e della società di domani in quello che abbiamo chiamato il “laboratorio di Expo 2015”: la grande Esposizione universale che doveva fare da rilancio per l’economia in crisi e che ha solo generato debito, cemento, corruzione sistemica, precarietà. Le promesse si sono rivelate tutto l’opposto e un grande inganno.
In particolare:
- nel modello lavorativo offerto da Expo e realizzato anche con gli accordi firmati dai sindacati (…e ci dispiace che la Cgil sia tra questi; in particolare ricordando il PROTOCOLLO EXPO MILANO 2015 del 23 luglio 2013, di cui chiediamo da tempo l’annullamento), vediamo la deregolamentazione lavorativa, l’utilizzo sistematico di manodopera gratuita, senza possibilità di ottenere né stabilità lavorativa, né tantomeno continuità di reddito, giustificata dietro la retorica vergognosa che chiama “volontariato” il lavoro gratuito; oppure l’emergenza e il presunto “interesse nazionale” per cui i sindacati dovrebbero firmare Patti anti-sciopero (non c’è “interesse nazionale” barattabile con i diritti dei lavoratori);
- e poi: i Protocolli tra Università, Scuole ed Expo che rivelano l’assoluto disprezzo dei nostri governanti per insegnanti e formazione, eliminando posti di lavoro, togliendo risorse e destinando gli studenti a lavori dequalificanti, sottopagati e gratuiti (a questo proposito lasciateci dire che la Buona Scuola non è quella di Renzi e Giannini, ma quella degli studenti e dei docenti scesi in piazza oggi);
- non solo: l’uso del Commissario e della deroga che abbiamo conosciuto con Expo, ora l’hanno inserito anche nel Decreto Sblocca-Italia: è l’eccezione che diventa deroga, in una sorta di emergenza infinita. Qui il pensiero non può non andare alla Tav: la grande opera inutile e dannosa per eccellenza, nel cui nome migliaia e centinaia di compagni e di attivisti sono stati denunciati, sono sotto processo e alcuni arrestati con accuse infamanti; ricordiamolo ora, proprio adesso che anche i suoi più convinti sostenitori la stanno mettendo in dubbio;
- Expo, infine, come acceleratore dei processi di trasformazione territoriale, che colpiscono il tessuto sociale e lavorativo: la vergognosa e infame campagna milanese a favore degli sgomberi delle famiglie occupanti di case vuote o sfitte per bisogno, in vista della pulizia locale della città vetrina e della privatizzazione nazionale dell’Edilizia Residenziale Pubblica;
- oppure la trasformazione del lavoro sul territorio in precariato stagionale e disoccupazione permanente (ricordiamo i casi dell’Alfa di Arese o dell’Agile ex Eutelia di Pregnana Milanese); una precarizzazione sul lavoro che non risparmia nemmeno i lavoratori degli.enti pubblici (come i precari del comune di Milano, il cui piano assunzioni risente del debito provocato da Expo).
Tutto questo ci fa dire che la vera devastazione e il vero saccheggio sono quelli realizzati sul territorio e sulla popolazione da Expo2015 e dagli accordi firmati in suo nome.
Oggi, è un momento decisivo, l’opposizione sociale ha una sola possibilità per vincere la battaglia in corso: una scelta che guardi al futuro, che prenda atto di come è cambiato il lavoro, che sappia organizzare, politicizzare, sindacalizzare una massa lavoratrice, giovane e non, precaria e in questo momento destinata alla precarietà a vita. O saremo in grado di realizzarla, oppure l’alternativa sono il neofascismo di Salvini e della Lega o l’atteggiamento padronale di Renzi e del Partito democratico.
Una massa lavoratrice che non è rappresentata da Renzi e che oggi si è ripresa la parola! Marta, per citare la figura evocata da Renzi, oggi, qui a Milano, nella Milano di Expo lavorerebbe gratis. E verrebbe chiamata vergognosamente volontaria.
Ma Marta oggi ha detto che “non lavorerà gratis per Expo” e per nessun’altro cazzo di lavoro, perchè un lavoro gratuito non è un lavoro: è sfruttamento.
La giornata di oggi è solo l’inizio: un momento centrale sarà il prossimo PRIMO MAGGIO 2015 quando l’opposizione sociale italiana ed europea si incontrerà a Milano per contestare proprio il modello Expo il giorno dell’apertura dei cancelli.
Noi siamo la colonna portante del loro lusso, è arrivato il momento di ribaltare la situazione e invertire la rotta.
Scioperiamo Expo, incrociamo le braccia, incrociamo le lotte!
– Expo2015: dalla Darsena a Trenno: devastare le città, energia per le speculazioni
Mentre la Metropoli Milano affonda grazie alle nuove esondazioni di Olona, Seveso e Lambro, la città vetrina di Expo 2015 avanza: si trasforma la Darsena, uno dei luoghi storici del centro della città, in un freddo cumulo di vetro e ferro, buono solo per vendere un’immagine alla moda e creare un’altra area commerciale in Città. Non solo viene cancellata la “popolarità” di un luogo ma anche si ricopre di cemento e mattoncini rosa il famoso assito ligneo che Leonardo studiava e disegnava nei suoi appunti.
Non solo si continua a voler realizzare un’opera nociva, costosa, inutile e dannosa come la via d’acqua che devasterà 4 parchi cittadini nella zona ovest di Milano, qualcuno ha anche detto che la via d’acqua sarebbe il completamento del sogno di Leonardo di una Milano navigabile. Sembra che ci sia della confusione nella testa di chi progetta Expo 2015, da una parte si devasta e distrugge un pezzo di storia legato a Leonardo e dall’altra si parla a vanvera di completare i suoi sogni.
Noi abbiamo le idee chiare: pensiamo che le città si debbano trasformare per migliorare la vita dei cittadini, per renderle migliori, vivibili, abitabili, belle, vive e luminose. Per questo pensiamo che le città debbano cambiare per assecondare il bene della collettività non di pochi speculatori. Expo è un modello lontano dal nostro pensiero e tendiamo per questo al concetto di “diritto alla città”, cioè alla costruzione di uno spazio capace di soddisfare i bisogni e le necessità di tutt@ gli abitanti e sviluppare così dignità e costruzione di futuri percorribili.
– “Gratis non vi avrei tagliato nemmeno una fetta di torta!”
Non è un caso che l’Expo di Milano nel 2015 scelga come data simbolica di inaugurazione il 1 maggio.
Le riforme “straordinarie” introdotte dal Jobs Act del governo Renzi, usano la “vetrina” dell’esposizione come strumento di legittimazione per una riforma del mercato del lavoro (precarietà strutturale e promozione del lavoro volontario) arrivata alla fine del lungo corso di “smantellazione” dei diritti dei lavoratori iniziato con gli anni Ottanta.
Il senso stesso della parola lavoro sembre aver perso ogni significato (a parte quello di sfruttamento che rimane immutato): oggi, nel mercato del lavoro cosiddetto creativo/cognitivo, il più disuguale e concorrenziale che ci sia, sono richieste prestazioni di lavoro in cambio di pura visibilità, un “farsi conosccere” e infarcire il curriculum.
Nel campo della cultura e dello spettacolo è il mercato a certificare le competenze. Questo significa che a fronte della mancanza di un sistema di riconoscimento delle credenziali – il titolo di studio qui vale poco o niente – sono il numero delle esperienze lavorative, degli ingaggi, dei contatti e il nome dei committenti a “garantire” il grado di professionalità dei lavoratori, la loro possibilità di accedere a nuove committenze e a stabilirne quindi anche le possibilità di carriera.
Non c’è da stupirsi se ci troviamo nella situazione paradossale in cui anche un lavoro sottopagato, o un tirocinio gratuito, all’interno di un grande museo sembra essere essenziale pur di inseguire il sogno della realizzazione professionale.
Anche l’uso del termine “precario” risulta invertito rispetto al suo significato originario: figura di transizione che, attraverso il conseguimento di una carriera, muove verso uno status lavorativo definito.
Oggi “precario” indica per eccellenza una figura di indeterminazione il cui sbocco può essere il lavoro autonomo – privato però di qualsiasi tutela – o il susseguirsi di contratti a tempo determinato, per molti una scelta fra la disoccupazione e lo sfruttamento.
La sfasatura del rapporto fra produzione di nuova forza lavoro (creativi, lavoratori della conoscenza, cognitivi, ecc.) e la realtà d’impiego nel mercato del lavoro, è ormai stata sollevata come un problema da più fronti (associazioni e movimenti di precari, freelance e intermittenti) che rifiutano di svendere le proprie competenze o accettare lavori sotto-qualificanti pur di inseguire il conseguimento di una carriera.
Con EXPO2015, il volontariato rientra persino in un accordo sindacale. Inizialmete 18500, ora scesi a 6000, i volontari chiamati da Expo a lavorare per costruire una Milano internazionale, cui se ne aggiungono altri 1.000 per il programma “Aperti al mondo” del Touring Club Italiano.
Gli operatori TCI per Expo2015 verranno formati ed organizzati per offrire sostegno ai turisti, sia per quanto riguarda la scoperta del patrimonio artistico culturale milanese, sia per l’esplorazione degli anfratti urbani in cui è possibile fare shopping.
L’idea è di usare i volontari per tenere aperti musei e luoghi della cultura oltre i normali orari d’apertura. Mancanza di risorse, dicono, che nella realtá sta per scelte politiche in cui la distribuzione delle risorse va a totale detrimento della cultura e di quel segmento produttivo, come vediamo da anni accadere durante il Salone del Mobile, durante la settimana della moda, nella “riqualificazione” del Teatro Smeraldo in centro commerciale, nella chiusura degli spazi dedicata all’arte e allo spettacolo.
Nessuno é piu’ diposto a lavorare gratuitamente pur di ritagliarsi la propria fetta di torta.
Per questo oggi incrociamo le braccia, incrociamo le lotte e #scioperiamoexpo.
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