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Dentro anche quella volta che non ci avevano invitati

nomuosIl 9 agosto scorso a Niscemi si è svolta un grande mobilitazione contro il progetto MUOS, quella che segue è la cronaca della giornata nel racconto di un compagno di OffTopic presente in quei giorni in Sicilia.

Una delle prime cose che colpisce arrivando a Niscemi è la presenza di bandiere, murales, scritte sui muri e striscioni No Muos. Niscemi è un piccolo paese di circa 20 mila abitanti, situato nella Sicilia meridionale ancora a prevalenza contadina. Il mare non è distante, ma l’ambiente naturale è quello del deserto mediterraneo e uno dei problemi principali della popolazione è quello della maggiorparte del Meridione: l’acqua.

Nei decenni passati, oltre alle più antiche lotte sindacali e contadine contro un feudalesimo mafioso istituzionalizzato e permesso dallo Stato, le principali vertenze conosciute in questa parte di Sicilia riguardavano proprio l’erogazione e la diffusione dell’acqua per diversi motivi: igienici, sanitari, di sopravvivenza vera e propria e per coltivare la terra, l’unico vero bene per migliaia di persone.

Nonostante ciò, la memoria storica di Niscemi e del sud della Sicilia non è fatta di grandi mobilitazioni o lotte di popolo, anzi. Per questo stupisce vedere una presa di posizione talmente maggioritaria e una consapevolezza diffusa, per certi versi ancora pre politica, che, nonostante i motivi particolari, l’opposizione al Muos è legata a tante altre vertenze e lotte sparse in tutta Italia. Stupisce non solo passeggiare per le strade del paese e delle contrade vicine, ma anche parlare con le persone. E i più stupiti di tutti sono gli attivisti niscemesi e siciliani che da anni lavorano per costruire giornate come quella di venerdì 9 agosto.

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Grandi eventi, piccoli diritti: no alla generalizzazione dei contratti di lavoro modello Expo2015

Riprendiamo e pubblichiamo l’appello pubblicato ieri 3 agosto da Il Manifesto e sottoscritto da economisti, giuslavoristi, docenti universitari, giornalisti, esponenti politici e attivisti NoExpo; l’appello critica il modello di contratti di lavoro per Expo 2015 siglato settimana scorsa da CGIL-CISL-UIL e ExpoSpa, con il beneplacito di Governo e Confindustria, che introduce nuova flessibilità e precarietà, laddove non se ne sentiva proprio, con la scusa che non si può fallire l’appuntamento con il 1 maggio 2015; individuando nel provvedimento legislativo ad hoc, un pericoloso grimaldello per i diritti del lavoro e le condizioni sociali del nostro paese, i firmatari dell’appello chiedono di abbandonare l’ipotesi, che piace tanto al Ministro Giovannini, di estendere il modello Expo ad altri settori, come mezzo per rilanciare economia e crescita.

No alla nuova precarietà, no alla schiavitù per Expo2015

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L’accordo firmato il 23 luglio 2013 tra Expo 2015 Spa e i sindacati confederali e di categoria è stato salutato dalla voce dei firmatari e dalla stampa come esperimento pilota a promozione del lavoro giovanile, un prototipo garante dei diritti dei neoassunti. Tolte le paillettes e i lustrini, questa lettura cade e si svela l’anima profonda dell’accordo: violazioni delle norme vigenti, arretramento dei diritti e svuotamento di tipologie contrattuali sono la componente principale dell’accordo, mosso dalla convinzione che la deregolamentazione del lavoro sia la strada maestra per favorire la ripresa economica e la formazione di nuovi posti di lavoro. Prendiamo il ricorso massiccio all’apprendistato: questa tipologia contrattuale viene scelta non tanto per favorire la formazione e la creazione di nuove professionalità, ma per regolarizzare chi lavora con un inquadramento inferiore, quindi con una retribuzione minore e con uno sgravio contributivo pressoché totale per l’azienda. Di solito l’apprendistato avviene in luoghi di lavoro stabili, per cui è probabile la trasformazione a tempo indeterminato. I profili professionali qui previsti per questa tipologia contrattuale (Operatore Grande Evento, Specialista Grande Evento, Tecnico Sistemi di gestione Grande Evento) sono legati alla realizzazione di ulteriori grandi eventi per cui le possibilità di un’assunzione stabile sono altamente improbabili. In sostanza siamo di fronte ad uno svilimento dell’istituto dell’apprendistato stesso, malgrado l’elogio di quest’ultimo che in tempi recenti si è ripetuto nel dibattito politico.
Un altro punto enfatizzato nei giorni scorsi riguarda la novità della casuale che giustificherebbe il ricorso al contratto di lavoro e tempo determinato e alla somministrazione del lavoro a termine, che dovrebbe riguardare l’80% dell’organico complessivo. Si tratta di una operazione strumentale, fatta per promuovere questa modifica in chiave generale e in altri contesti, priva di utilità concreta visto che il D.P.R. 7 ottobre 1963, n.1525, attuativo della legge 230/62 sui contratti a termine, già prevedeva al punto 45 la possibilità di ricorrere a contratti a termine per Fiere ed Esposizioni, categoria nella quale Expo 2015 ricade.
Anche lo stage, che prevalentemente viene dedicato all’apprendimento, appare qui come una delle tante forme di lavoro mascherato, con un profilo formativo del tutto imprecisato, di fatto retribuito con 516 euro mensili, naturalmente presentati come rimborso spese, più un buono pasto giornaliero di 5,29 euro.
Infine è previsto un utilizzo massiccio del volontariato (18.500 unità) del tutto gratuito (salvo eventuali rimborsi spese) quale «espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo». Il compito dei volontari, però, non è quello di assistere persone in difficoltà, ma di fornire un normale servizio di accoglienza per i visitatori della mostra. Il nome esatto in questo caso è lavoro gratuito: esempio plateale di un «agire comunicativo-relazionale» indispensabile al funzionamento dei grandi eventi ma del tutto svalutato. Riteniamo che un simile accordo rappresenti un pericoloso precedente che contrappone il lavoro ai diritti. Come le grandi opere depauperano il territorio, così il lavoro gratuito e l’iper precarizzazione dei contratti frantumano il futuro delle nuove generazioni e demoliscono conquiste ottenute con anni di lotta.
Non a caso, il ministro del Lavoro ha sfruttato l’occasione per auspicare l’abolizione della causalità dei contratti a termine, per chiedere la rapida conversione del decreto Letta-Giovannini e per premere verso un secondo decreto nel mese di settembre. Chiediamo che venga respinta l’idea – già avanzata da governo e parti sociali – di una generalizzazione, tramite contrattazione o addirittura per via legislativa, del modello Expo ad altri contesti che sarebbe un ulteriore colpo al diritto del lavoro nel nostro Paese. La moltiplicazione di nuovi plotoni di precari specializzati e di vittime del lavoro gratuito è esattamente ciò di cui il nostro Paese non ha bisogno.

Piergiovanni Alleva, Giuliana Beltrame, Roberto Ciccarelli, Giuseppe De Marzo, Andrea Fumagalli, Alfonso Gianni, Giovanni Giovannelli, Marcello Guerra, Roberto Maggioni, Enzo Martino, Sandro Medici, Luciano Muhlbauer, Roberto Musacchio, Monica Pasquino, Emanuele Patti, Livio Pepino, Marco Revelli, Umberto Romagnoli, Luca Trada, Guido Viale

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