I numeri (30 mila presenze), la tensione e la gioia che ha espresso la Mayday 2013 non sono che un inizio rispetto a quel percorso biennale (come più volte dichiarato nei giorni scorsi) in opposizione alla macchina di Expo2015. Non è un caso che proprio oggi anche i media mainstream stiano aprendo nuovi presidi proExpo e, parallelamente, le istituzioni locali abbiano, in questo mese, in programma una serie di eventi labilmente connessi all’esposizione universale del 2015.
Le strade di Milano, per la prima volta, sono state invase da una moltitudine concorde sulla nocività del megaevento, percepito non come motore di sviluppo, come continuano a voler farci credere sia il nuovo governo sia gli enti locali (senza spiegarci però come questo possa avvenire) bensì come mostro produttore di debito, cemento e precarietà. Slogan, musica e colore hanno prodotto una giornata ben differente, come propositività e politicizzazione, rispetto al primo maggio dei lavoratori in piazza con le imprese, al primo maggio del patto della fabbrica.
Il serpentone mayday quest’anno aveva in sé le differenti anime delle lotte territoriali: dal diritto al reddito alla lotta per la casa, dalla difesa dell’autorganizzazione contro ogni sgombero alle fabbriche autogestite, l’eterogeneità della composizione del corteo è coincisa con l’omogeneità del dissenso contro questo insostenibile modello di sviluppo. Un primo maggio che i media di regime han caricato ingiustificatamente di tensione ed in cui il mainstream ha voluto inserire come tematica la retorica della disperazione e la narrazione della sfiga come elementi costituenti delle strade nell’epoca della crisi: in questo disegno non siamo mai entrati e mai entreremo.
La metropoli siamo noi. La produzione è nostra. Rigettiamo l’elemosina del lavoretto per Expo2015 in particolare quando questo crea nocività e determina effetti che generano catastrofi anche occupazionali, oltre che un abbassamento drastico della qualità della vita (per chi non si può permettere di sganciare euro a volontà).
D’altra parte tutto ciò non è che un inizio ed oggi più che mai è utile che l’energia e la potenza delle soggettività metropolitane non si disperda nei giorni successivi al primo maggio.
Il 3 maggio @ Piano Terra, in via confalonieri 3, ore 19, secondo appuntamento dell’accademia precaria. Il primo in veste NoExpo organizzato, come tutta questa parte dell’accademia, dal collettivo OffTopic. Introdurremo la tematica del grande evento a livello generale, partendo dagli albori di questa pratica per trattare poi gli ultimi megaeventi planando infine su Expo2015. Il 5 maggio, con partenza alle ore 14 da due differenti punti, Darsena e Molino Dorino, andremo a trattare lo specifico della via d’acqua, una delle opere invasive e matrici di debito che compongono il megaevento. Attraverso una pedalata attraverseremo il futuro percorso di quest’opera per confluire infine al Parco Trenno, in cui ci attende l’assemblea sul tema della via d’acqua, organizzata assieme alle associazioni contrarie a questo progetto. Nel corso della giornata raccoglieremo materiale (video, audio, foto) che ci servirà il 15 maggio, ultimo appuntamento dell’accademia precaria “NoExpo” in cui rielaboreremo il tutto.
Il cammino è lungo. La strada è in salita. L’avversario è in difficoltà.
Il cittadino si ribella al saccheggio del territorio.
Expo, ormai è opinione diffusa, è debito, cemento e precarietà.
Con le altre anime del network MayDay questa mattina siamo entrati negli uffici di Expo 2015 in via Rovello a Milano per raccontare, alla presenza di un paio di assessori di Comune e Regione, il primo maggio della rabbia precaria.
Una sola grande opera per Milano: uscire da Expo subito!
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