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Il piano triennale di Cassa Depositi e Prestiti: un nuovo ordine territoriale
Mentre va in scena l’intermezzo, più grottesco che patetico della sentenza Mediaset, successivo al primo atto del governo Letta in cui la larga intesa ha passato il tempo a cincischiare su rinvii di Iva e Imu e su un discutibile decreto del fare , dietro alle quinte si organizza la partita vera e propria per il prossimo triennio, quello in cui Expo2015 è immerso.
Partita che può tranquillamente proseguire al di là del governo Letta.
L’administrator di una fetta importante dell’economia di questo paese è il colosso finanziario Cassa Depositi e Prestiti, per gli amici CDP, rispetto a cui ricordiamo l’ormai datato ma senz’altro efficace dossier di Attac Italia . Nell’ultimo piano triennale di CDP, quello 2010/2012, si registrano acquisizioni per un totale di 70 mld di euro, acquisizioni che hanno trasformato questa società in una sorta di cabina di regia della “ripresa” italica. Una cabina di regia reale, pressoché indipendente dalla politica e “tecnica” nel senso che negli ultimi anni viene attribuito a questo termine. In particolare, con l’acquisizione di Fintecna (società al cui interno sta Fincantieri) nell’ottobre scorso il ruolo di CDP è divenuto palese e palesemente esposto in direzione grandi cantieri/grandi infrastrutture. Lo stato di salute di questo soggetto è innegabile e nel medio periodo a prova di crisi. Nel 2012, per intenderci, l’utile netto è di 2,8 miliardi di euro, l’attivo di 300 mld di euro, il patrimonio netto è pari a 16,8 mld di euro.
Il ruolo
Totalmente fuori dall’ideologia del laissez faire, propagandata tuttora da alcuni nostalgici come possibile prassi per uscire dalla crisi (in realtà il 2008 ha decretato sostanzialmente la fine di quel filone), CDP ha oramai assunto stabilmente il ruolo di garante del sistema economico italiano, una sorta di tutore in grado di intervenire attivamente nell’economia attraverso prestiti, acquisizioni e finanziamenti.
Privato ma finanziato e controllato dal “pubblico” (e dai risparmiatori).
Leggi TuttoQUARTIERI IMPERMEABILI ALL’INSOSTENIBILE VIA D’ACQUA PER EXPO2015
L’aggiudicazione alla Maltauro, società vicentina a capo di un raggruppamento d’imprese, per un valore di 42 mln di euro, dell’appalto per la realizzazione della Via d’Acqua – tratta sud (dal sito Expo al Naviglio Grande), riporta al centro delle cronache quello che, di fatto, dovrebbe essere uno dei pochi lasciti di Expo 2015. I lavori dovrebbero partire in autunno per terminare subito a ridosso del fatidico 1 maggio 2015. L’opera, che a più riprese abbiamo definito inutile e insostenibile (state certi che i costi lieviteranno sicuramente dal prezzo di aggiudicazione dell’appalto), modificherà in modo irreversibile, consumandone la superficie, i quattro parchi urbani della periferia ovest milanese (Pertini, Trenno, Bosconincittà, Cave). Quattro GeziPark nostrani, oggi vissuti da centinaia di migliaia di persone ogni anno, attaccati perché Expo deve lasciare un’eredità (e il Consorzio Villoresi deve mettere a valore l’acqua); barriere di cemento, reti, per quanto abbellite, che separeranno quello che nei fatti sarà un canale secondario stile mini scolmatore (e che perciò va messo in sicurezza) dalla città, dai quartieri, dall’armonia del paesaggio.
Prima ancora di partire, i lavori rischiano di incepparsi subito. Innanzi tutto perché anche su quest’appalto, come sui precedenti per la piastra, potrebbero addensarsi gli spettri delle indagini. Non solo ma nascosta dai media, silenziata dai clamori della propaganda pro-Expo, cresce nei quartieri della periferia milanese interessati (Baggio, Trenno, Gallaratese) l’opposizione alla Via d’Acqua. Due dati non nuovi. Non esistono liste più o meno bianche, ma è il sistema degli appalti, legati a grandi opere ed eventi, a essere marcio (come anche le nuove indagini su grandi manifestazioni sportive ospitate in Italia negli ultimi anni confermano). E dove Expo dispiega le sue propaggini materiali cresce la protesta; era già successo nel rhodense, ad Arese, a Milano con il progetto Darsena (collegato alla Via d’Acqua). E sarà sempre di più così fino al 2015, di fronte all’evidenza e all’irreversibilità delle trasformazioni che il territorio subisce, per un evento che è percepito dai più come inutile e costoso e di cui si sarebbe fatto volentieri a meno.
Partiamo dalla notizia dell’appalto. Come scriveva nell’agosto 2012 BGReport, parlando delle vicende legate ai rifiuti tossici sotto la BREBEMI, e di cui riportiamo stralci:
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