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Lotte territoriali dentro e contro l’evento totale

Stavamo pubblicando questo post di riflessioni post 16 novembre su quanto sta accadendo sul territorio milanese mano a mano che Expo dispiega le sue articolazioni territoriali, quando ieri mattina alle 8.00 sono arrivati i primi allarmi per l’arrivo delle ruspe al Parco di Trenno. Immediata è stata la risposta degli abitanti che sono riusciti a intralciare e bloccare i lavori, complice anche la mancanza di tutte le autorizzazioni da parte della società Maltaura, appaltatrice dei lavori per la Via d’Acqua.

La lotta è solo cominciata. Da oggi presidio al cantiere alla mattina e da lunedì 25 nuove iniziative e mobilitazioni.

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Il 16 novembre, i territori sotto attacco di questo paese si sono mossi in direzione contraria rispetto a chi li governa, in opposizione a coloro che li vorrebbero ridurre a mero spazio da “valorizzare” economicamente. La politica del cemento, del debito e della speculazione ha sede nei diversi territori ma oramai è sempre più evidente il legame che le unisce all’interno di un fronte che sempre più reclama un modello economico e sociale differente da quello che si vorrebbe far rinascere attraverso una “ripresa” che non avverrà mai.

Contro il Tav, contro il biocidio, contro la frode dell’housing sociale, contro Expo e le sue inutili grandi opere. Questi sono stati gli assi su cui la giornata del 16 si è sviluppata. In maniera per noi sorprendente, come abbiamo potuto notare al Parco Trenno dove centinaia di cittadini contrari alla cementificazione di una parte del parco hanno prima svolto una pubblica assemblea poi sono entrari nella zona  recintata dove, fra circa due settimane, le ruspe di Maltauro devasteranno il verde conquistato dagli abitanti del quartiere. Ovviamente la vicenda non è presente fra le notizie di giornata dei media mainstream, impegnati a glorificare Expo2015 come volano attraverso cui tutto viene giustificato, dagli appalti concessi a società in passato sotto processo per implicazioni con associazioni mafiose (fra cui la Maltauro stessa) al consumo acritico di suolo alla corsa sconsiderata al mattone alla voragine che sta aprendo nei conti pubblici degli enti locali coinvolti, oltre che ad offrire un supporto a quel sentimento di unità nazionale esemplificato dalla grande coalizione attraverso cui i poteri forti sperano di portare a termine le tanto agognate riforme strutturali, una sorta di soluzione finale rivolta al conflitto sociale.
NoExpo è una causa rispetto a cui il mainstream ha sino a questo momento eretto un muro di gomma con l’intento di sopprimere il racconto del dissenso, anche velato, contro l’evento totale. Dalla realtà della cantierizzazione delle periferie di questa città ripartiamo per rilanciare la sfida al partito del fare debito, cemento e precarietà.
Sulla via d’acqua abbiamo scritto più volte. Con soddisfazione verifichiamo come, nel corso dell’assemblea di sabato pomeriggio, questo lavoro non si sia rivolto semplicemente al vento. Non siamo certamente stati gli unici a parlare di via d’acqua, non è importante nemmeno capire se siamo stati i primi. Ciò che importa è che da ieri non siamo in buona compagnia. Decine di interventi precisi e dettagliati hanno riportato l’attenzione sulle criticità dell’opera, rispetto a cui al lato pratico Expo spa non ha mai voluto trattare con la cittadinanza.

Presenti all’assemblea anche rappresentanti di altre realtà aggredite da Expo2015, fra cui spicca il comitato per la metrotranvia Limbiate/Comasina, opera utile per la mobilità pubblica che è ora senza finanziamenti poiché questi sono finiti magicamente nel calderone Expo2015. In mattinata un altro comitato, pro interramento della Rho Monza, ha portato avanti unimportante iniziativa “local” in cui  il tratto stradale prossimo a Paderno Dugnano è stato invaso da un folto corteo.Via d’acqua, Limbiate e Paderno Dugnano sono solo tre esempi di realtà di cittadini organizzati contro le prepotenze di Expo2015, il grande eventi che normalizza lo stato d’eccezione permanente.

Il 16 novembre è stato un ulteriore passaggio in direzione della costituzione di un’opposizione sociale che nasce dalla reazione agli effetti collaterali della costruzione di Expo2015. Da qui a breve gli Expomakers non potranno esimersi dal fare i conti con la protesta montante che stanno provocando. A quel punto la retorica delle start up o dell’opportunità di creare economia (coi soldi dei contribuenti) non servirà a Sala e co. per tirarsi fuori dai guai…..

OffTopic Lab

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Sul #19O e oltre – casa&reddito per tutte e tutti, Expo e TAV per nessuno

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La prima considerazione, dopo la grande manifestazione di sabato 19 ottobre a Roma, è che per una volta, siamo riusciti a rovesciare le aspettative negative: moltissime persone, probabilmente al di là delle aspettative più ottimiste, e non solo riducibili al pubblico e alla galassia di antagonisti e centri sociali. Una mobilitazione chiamata su parole d’ordine radicali – casa e reddito per tutti e tutte stop a grandi opere e megaeventi, abolizione della Bossi-Fini – con anche momenti di contestazione dura, che ha saputo squarciare il velo di falsità, provocazioni e isolamento con cui si era cercato di anestetizzare le lotte e le rivendicazioni che sabato sono state così ben rappresentate in piazza, anche con la continuità data alla giornata con le iniziative che in questi giorni e nelle prossime settimane porteranno avanti la lotta sui territori.

I media, il blocco di potere politico ed economico, speravano di poter ridurre tutto a devastazione e saccheggio, pronti a esaltare l’eroismo degli apparati dello stato e a dividere buoni e cattivi; magari qualcuno sperava anche scappasse il morto. Questi soloni non hanno capito nulla; pensavano di poter ingabbiare nell’austerity e nei governi emergenziali la rabbia di chi subalterno, precario, migrante, di chi lotta contro speculazioni e devastazioni territoriali alimentate con iniquo debito pubblico. Mentre il mondo intero si sollevava, dal Brasile alla Turchia, contro queste politiche, dopo anni di mediterraneo infiammato da proteste e rivolte; mentre le recessione e la crisi sociale sta distruggendo intere nazioni e aumentando disuguaglianze e povertà, giornalisti e politici si stupivano che ci fosse chi dicesse basta e invocasse assedi e sollevazioni. Vi è andata male e ora, che non si può ignorare la portate e le richieste del #19, cercano di ridurre tutto a un problema sociale, la casa, e non politico, quali invece sono i legami che fanno di casa e politiche delle grandi opere due facce della stessa medaglia. Questo è ben chiaro alle migliaia di corpi che per ore hanno occupato le strade romane sabato scorso e che rimandano inevitabilmente alle altrettante che solo una settimana prima, più o meno ovunque sul territorio nazionale, animavano iniziative, occupazioni, lotte in difesa dei territori da cemento, grandi opere e grandi eventi. La questione è politica, di scelte di modello economico-sociale, e i 70 o 100 mila, non è importante, di sabato a Roma non hanno e non vogliono rappresentanza, perché nel quadro attuale sanno che solo la lotta e l’organizzazione orizzontale dal basso pagano.

Casa e reddito universale incondizionato come risposta alla crisi; diritti e dignità come risposta alla precarietà e al razzismo; beni comuni, saperi e territori difesi in alternativa a TAV, Expo, MUOS, inceneritori e tutte quelle opere utili più a speculatori, banche e sistemi di potere clientelari ed emergenziali che ai reali bisogni di popolazioni e territori. Cercano di convincerci che sono politiche e opere che portano vantaggi per il PIL, ma non parlano delle devastazioni ambientali, dell’indebitamento pubblico, di tasse e tagli a servizi necessari per finanziare i grandi eventi e le grani opere, della miseria del lavoro che si portano appresso a livello qualitativo, reddituale e di garanzie. Un modello economico che alimenta precarietà e povertà in una spirale che poi rende la casa un miraggio, se non occupando o sottomettendosi al ricatto dell’housing sociale, laddove le città diventano luoghi di conquista per banche e palazzinari. La valorizzazione del suolo e la finanziarizzazione del sociale marciano di pari passo per estrarre ricchezza da popolazioni indisponibili a cedere al ricatto dell’austerity. E se non ci stanno, repressione e criminalizzazione,anche preventiva, come nel caso del 19 ottobre.

Per quanto riguarda l’attitudine NoExpo, torniamo da Roma con in tasca la conferma che la lotta a Expo sia centrale e strategica. Dal 7 luglio, dai proclami di Letta e Napolitano in quel di Monza, Expo è diventato l’unico obiettivo e mezzo di breve periodo per l’uscita dalla crisi e si deve fare, costi quel che costi. E in questi mesi si giocherà la partita decisiva rispetto a quanto accadrà fuori e dentro il perimetro dell’esposizione durante i sei mesi. Sappiamo che debito, cemento e precarietà sono i tre pilastri su cui si fonda il potere eversivo di un’esposizione che sta già mutando forme del territorio, rapporti di lavoro, organizzazione della vita metropolitana. La piazza romana ha ribadito che il diritto alla città non si domanda, che contro modelli di governance imposti dall’alto, contro austerity, precarietà e scelte economiche asservite agli interessi della finanza e dei mercati, lotta e resistenza sono gli unici mezzi possibili. E solo la lotta può evitare che Milano faccia la fine di Torino o Atene, che ancora pagano i costi sociali ed economici dei mega-eventi. Il successo del 19 non può che darci più forza in questo senso.

Non sappiamo se sia nato un movimento, ma certo la saldatura tra la bomba sociale costituita dalla questione abitativa e le lotte territoriali segna un passo importante, che va oltre lo slogan “una sola grande opera casa&reddito per tutt@”, e può costituire un potente strumento di lotta e resistenza nelle città come in Valle.

Restano alcune importanti questioni da sciogliere sia a livello nazionale che milanese e una priorità: come consolidare ed estendere il successo romano del 19 in un successo realmente generale? Come dare continuità ad un corteo dalla composizione così eterogenea? Come declinare in questo contesto e con quali tappe future l’attitudine NoExpo?

La priorità?….Quella di sempre, la stessa di Genova 2001 o del 15 ottobre 2011 o della repressione in Val Susa, ancora una volta si parte e si torna tutti assieme e quindi libere tutte e liberi tutti subito. Il #19 non si arresta.

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  • Nonostante Expo, la realtà | documento di fine Esposizione
  • Lavorare a Expo2015: stipendi da fame, contratti pirata e licenziamenti politici
  • Documento politico per il Noexpo Pride del 20 giugno 2015
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