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Grandi eventi, piccoli diritti: no alla generalizzazione dei contratti di lavoro modello Expo2015
Riprendiamo e pubblichiamo l’appello pubblicato ieri 3 agosto da Il Manifesto e sottoscritto da economisti, giuslavoristi, docenti universitari, giornalisti, esponenti politici e attivisti NoExpo; l’appello critica il modello di contratti di lavoro per Expo 2015 siglato settimana scorsa da CGIL-CISL-UIL e ExpoSpa, con il beneplacito di Governo e Confindustria, che introduce nuova flessibilità e precarietà, laddove non se ne sentiva proprio, con la scusa che non si può fallire l’appuntamento con il 1 maggio 2015; individuando nel provvedimento legislativo ad hoc, un pericoloso grimaldello per i diritti del lavoro e le condizioni sociali del nostro paese, i firmatari dell’appello chiedono di abbandonare l’ipotesi, che piace tanto al Ministro Giovannini, di estendere il modello Expo ad altri settori, come mezzo per rilanciare economia e crescita.
No alla nuova precarietà, no alla schiavitù per Expo2015
L’accordo firmato il 23 luglio 2013 tra Expo 2015 Spa e i sindacati confederali e di categoria è stato salutato dalla voce dei firmatari e dalla stampa come esperimento pilota a promozione del lavoro giovanile, un prototipo garante dei diritti dei neoassunti. Tolte le paillettes e i lustrini, questa lettura cade e si svela l’anima profonda dell’accordo: violazioni delle norme vigenti, arretramento dei diritti e svuotamento di tipologie contrattuali sono la componente principale dell’accordo, mosso dalla convinzione che la deregolamentazione del lavoro sia la strada maestra per favorire la ripresa economica e la formazione di nuovi posti di lavoro. Prendiamo il ricorso massiccio all’apprendistato: questa tipologia contrattuale viene scelta non tanto per favorire la formazione e la creazione di nuove professionalità, ma per regolarizzare chi lavora con un inquadramento inferiore, quindi con una retribuzione minore e con uno sgravio contributivo pressoché totale per l’azienda. Di solito l’apprendistato avviene in luoghi di lavoro stabili, per cui è probabile la trasformazione a tempo indeterminato. I profili professionali qui previsti per questa tipologia contrattuale (Operatore Grande Evento, Specialista Grande Evento, Tecnico Sistemi di gestione Grande Evento) sono legati alla realizzazione di ulteriori grandi eventi per cui le possibilità di un’assunzione stabile sono altamente improbabili. In sostanza siamo di fronte ad uno svilimento dell’istituto dell’apprendistato stesso, malgrado l’elogio di quest’ultimo che in tempi recenti si è ripetuto nel dibattito politico.
Un altro punto enfatizzato nei giorni scorsi riguarda la novità della casuale che giustificherebbe il ricorso al contratto di lavoro e tempo determinato e alla somministrazione del lavoro a termine, che dovrebbe riguardare l’80% dell’organico complessivo. Si tratta di una operazione strumentale, fatta per promuovere questa modifica in chiave generale e in altri contesti, priva di utilità concreta visto che il D.P.R. 7 ottobre 1963, n.1525, attuativo della legge 230/62 sui contratti a termine, già prevedeva al punto 45 la possibilità di ricorrere a contratti a termine per Fiere ed Esposizioni, categoria nella quale Expo 2015 ricade.
Anche lo stage, che prevalentemente viene dedicato all’apprendimento, appare qui come una delle tante forme di lavoro mascherato, con un profilo formativo del tutto imprecisato, di fatto retribuito con 516 euro mensili, naturalmente presentati come rimborso spese, più un buono pasto giornaliero di 5,29 euro.
Infine è previsto un utilizzo massiccio del volontariato (18.500 unità) del tutto gratuito (salvo eventuali rimborsi spese) quale «espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo». Il compito dei volontari, però, non è quello di assistere persone in difficoltà, ma di fornire un normale servizio di accoglienza per i visitatori della mostra. Il nome esatto in questo caso è lavoro gratuito: esempio plateale di un «agire comunicativo-relazionale» indispensabile al funzionamento dei grandi eventi ma del tutto svalutato. Riteniamo che un simile accordo rappresenti un pericoloso precedente che contrappone il lavoro ai diritti. Come le grandi opere depauperano il territorio, così il lavoro gratuito e l’iper precarizzazione dei contratti frantumano il futuro delle nuove generazioni e demoliscono conquiste ottenute con anni di lotta.
Non a caso, il ministro del Lavoro ha sfruttato l’occasione per auspicare l’abolizione della causalità dei contratti a termine, per chiedere la rapida conversione del decreto Letta-Giovannini e per premere verso un secondo decreto nel mese di settembre. Chiediamo che venga respinta l’idea – già avanzata da governo e parti sociali – di una generalizzazione, tramite contrattazione o addirittura per via legislativa, del modello Expo ad altri contesti che sarebbe un ulteriore colpo al diritto del lavoro nel nostro Paese. La moltiplicazione di nuovi plotoni di precari specializzati e di vittime del lavoro gratuito è esattamente ciò di cui il nostro Paese non ha bisogno.
Piergiovanni Alleva, Giuliana Beltrame, Roberto Ciccarelli, Giuseppe De Marzo, Andrea Fumagalli, Alfonso Gianni, Giovanni Giovannelli, Marcello Guerra, Roberto Maggioni, Enzo Martino, Sandro Medici, Luciano Muhlbauer, Roberto Musacchio, Monica Pasquino, Emanuele Patti, Livio Pepino, Marco Revelli, Umberto Romagnoli, Luca Trada, Guido Viale
Leggi TuttoMonza #7L: Oltre la maggioranza silenziosa
Di seguito la nostra lettura della giornata di ieri e, più in generale, dei Noexpodays, che cerca anche di rilanciare lo sguardo a quello che sarà nei prossimi mesi. Tutto quello che i media ufficiali non vi raccontano e non vi hanno fatto vedere sulle iniziative NoExpo monzesi potete leggerlo nel racconto di Offtopic della criticalmass partita da Milano, che ha portato un agile gruppo di attivisti NoExpo davanti alla Villa Reale, aggirando ed eludendo il dispositivo di sicurezza attivato nella circostanza. Qui il video della criticalmass
7 luglio 2013
Un imponente schieramento militare ha contrassegnato la giornata del 7 luglio, quella della calata di Re Giorgio I a Monza in difesa delle progressive sorti di Expo2015, evento così popolare sul territorio metrolombardo che per l’inaugurazione della sua futura sede istituzionale, la Villa Reale di Monza appunto, si mobilita un intero esercito a protezione della corte.
Due manifestazioni contrapposte hanno composto la giornata: una dentro ad un palazzo, l’altra dentro una città.
La prima, organizzata da Expo2015, si è proposta come blindata, ad inviti, delimitata dalle mura del palazzo, sovraesposta mediaticamente in cui si raccontavano gli slogan di chi vorrebbe “uscire dalla crisi” ma non può. Si è suggerito il ritorno all’ordine, grandi piani e follie visionarie. Il tutto senza contradditorio, senza il minimo confronto con la realtà. In favore appunto del padrone di casa, Expo2015, l’evento messianico che, se coadiuvato dalla stabilità politica, ci porterà fuori da ogni impiccio. A ripristino dei normali e calmierati processi di produzione di disuguaglianza precedenti il 2007.
La seconda, quella organizzata dall’attitudine NoExpo e che ha visto partecipare le principali lotte territoriali metrolombarde e molte fra le realtà autorganizzate di Milano e hinterland, si è proposta come pubblica, diffusa, aperta al confronto ed alle connessioni, comunicativa nei confronti di una città tenuta fuori dalla corte. Una piazza visibile ed attraversabile in contrapposizione al palazzo invisibile ed impenetrabile, o meglio visibile solo attraverso il filtro mediatico in grado di addolcire ancor di più le brioche di Re Giorgio I e di inventarsi pure dei timidi applausi di qualche presente all’apparizione del signore della patria. Applausi che invece abbiamo bene udito durante l’apparizione dell’avamposto ciclico che in barba al clamoroso sistema di sorveglianza messo sul campo è riuscito a presentarsi davanti alla cancellata della villa per portare il saluto dell’opposizione sociale ad Expo2015.
La scelta di contrapporre una piazza al palazzo, a conclusione dei #noexpodays, eventi che hanno portato nelle piazze metrolombarde contenuti e concetti frutto di un lavoro approfondito delle realtà che compongono la biosfera “noexpo”, ha significato una presa di posizione forte e precisa nei confronti di Expo2015: non ci sarà tregua, i 6 mesi di Expo vivranno a stretto contatto con le istanze della popolazione di expopoli(s) i cui desideri ed i cui bisogni non serviranno il brand territoriale, non faranno da cornice al succo neoliberista della manifestazione componendo magari fenomeni folkloristici in mostra per i visitatori. Nei 6 mesi di Expo2015 e per tutto il periodo che precede e segue la manifestazione una fetta importante della popolazione metrolombarda esprimerà il suo dissenso e la sua opposizione al megaevento energivoro, generatore di debito, diffusore di cemento e dispensatore di precarietà, lavorativa e non. Non ci faremo sfrattare dalle case occupate per necessità, riconquisteremo spazi politici funzionali al confronto ed al conflitto, libereremo la produzione di cultura dal basso, svincolandola dalla mera esigenza di promuovere un prodotto, supereremo i differenti posti di blocco attraverso l’agilità del verbo della contestazione opposto alla fissità della propaganda expofila. Allo stesso modo in cui la mobilità dolce, lo spostamento ecosostenibile ha affrontato e superato i mezzi corazzati a difesa dell’ideologia regale.
Noi non siamo i volontari per Expo, noi siamo i volontari contro Expo!
Voglio un piano quinquennale la stabilità
Ciò ci impone anche di esprimere alcune considerazioni in merito all’incontro avvenuto all’interno della Villa Reale, incontro in cui le istituzioni hanno per l’ennesima volta tentato un rilancio. L’han fatto, fra le altre cose, utilizzando probabilmente il sondaggista di Berlusconi, che attribuisce un favore del nei confronti del megaevento dell’85% della popolazione. Un sondaggio che da solo ci presenta la miseria dei contenuti sia dell’evento monzese sia del megaevento più in generale. A rilanciare l’immaginario, ripetiamo, c’era il neorieletto presidente della Repubblica, colui che ha sbeffeggiato ed umiliato Berlusconi nel 2011, colui che costantemente bypassa un parlamento la cui popolarità è ai minimi storici per prender posizione per conto del paese in merito a questioni di certo non secondarie come l’acquisto degli F35 o la costituzione del governo. Re Giorgio, durante l’incontro, ha rimarcato l’importanza della stabilità politica in questo contesto, oltre al fatto che il governo Letta è l’unico governo possibile. Se ne faccia una ragione il PDL, se ne faccia una ragione il PD: comanda il Re ed in questo momento, almeno fino alla primavera prossima, ci vuole stabilità. Altrimenti tutti a casa e, per evitare una nuova speculazione finanziaria sul debito italiano, Re Giorgio sarà nuovamente costretto a dispensare ceffoni per ripristinare la normalità tecnica di un governo del fare (quello che ci richiedono i mercati). Expo2015 in questo schema è il volano della conservazione, l’evento rispetto a cui le differenti istituzioni devono collaborare per sopravvivere. Re Giorgio I esce quindi rafforzato dal 7 luglio monzese, ancora una volta si pone come l’unica figura autorevole della politica italiana. Ciò che affermano Letta, Maroni o Sala (o la Bracco, che parla di un padiglione Italia per cui nemmeno son partiti i lavori) sono semplicemente note di colore. In particolare l’affermazione di Maroni “Expo mafia free” si presta più allo scherno ed al capovolgimento del contenuto piuttosto che ad una riflessione un minimo seria della proposta. Dal canto suo Letta, fresco di proposta di svendita/privatizzazione totale, risulta quasi patetico nel momento in cui afferma il bisogno di “scollarci di dosso l’autolesionismo”, sostenendo una tipologia di megaevento che nelle ultime edizioni europee, da Siviglia esclusa in poi, è sempre andato in deficit. Ci meraviglia, però, che non abbia ancora proposto di rinviare l’evento….
Nutrire il paneta: un’idea per un confronto eterodosso il prossimo autunno
Il cammino del palazzo, così come il cammino della piazza, supera quindi il 7 luglio con nuove prospettive all’orizzonte. Domani Eataly ed Expo2015 firmeranno ed esporranno l’accordo che prevede la presenza della società di Farinetti (l’ex ottimista di UniEuro, l’imprenditore visionario http://lastampa.it/2013/06/13/edizioni/asti/unitalia-migliore-entro-dieci-anni-parola-di-oscar-farinetti-Z3K3zaLFqHwqFYKBGu6AGP/pagina.html), società che gode evidentemente di ottimi finanziatori poiché negli ultimi mesi sta aprendo sedi in tutte le principali città italiane per un investimento di centinaia di milioni di euro. La visionarietà di Oscar Farinetti, nel recente passato papabile ministro di un ipotetico “governo del presidente”, si unisce alla capillarità della Nestlè ed alla poliedricità della Coop a formare il triangolo agricolo presente in Expo2015, in cui da Slow Food all’agricoltura intensiva sono presenti tutte le forme attraverso cui si intende “Nutrire il Pianeta”. In questa prospettiva, visto la (scontata) presa di posizione decisa da parte del megaevento di propinare un certo tipo di “idea agricola”, in cui, parola di Farinetti, il rappresentante progressista del triangolo agricolo, dobbiamo lasciar perdere le reti ed i consorzi, è roba da francesi, che senso ha la partecipazione, seppur annacquata, delle realtà agricole del parco Sud oppure delle associazioni che portano avanti ragionamenti sull’agricoltura di prossimità e più in generale sulla sostenibilità agricola? Ciò che ci viene da proporre, in questa sede, è una riflessione più accurata su ciò che significa Expo2015 e sull’opportunità o meno di offrire il sangue a questa tipologia di evento destinata a promuovere certe direttrici economiche e di conseguenza smontare le alternative ad esse. Il triangolo agricolo presente in Expo2015 non ci sorprende, è normalità, è la logica conseguenza dell’impianto messo sul campo. I colori ed i sapori di Eataly, di Coop e di Nestlè, ci viene però da dire, sono i colori ed i sapori della grande distribuzione. E’ opportuno offrire sostegno ideologico a questa squadra? I volontari contro Expo sono sempre disposti ad aprire un confronto su queste tematiche.
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