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Questa Via d’Acqua non si deve fare: a Trenno cresce la protesta

A Trenno, antico borgo agricolo ora quartiere della periferia milanese, ci si organizza contro i lavori per la Via d’Acqua di Expo2015. Quello che segue è un report-racconto di un compagno di Offtopic, della rete NoExpo e tra i promotori dell’assemblea autorganizzata di sabato 9. E già c’è un prossimo appuntamento, per chi non è in Val Susa,  alle ore 15 al Parco di Trenno in Via Lampugnano ang. Via Mafalda di Savoia. Anche a Milano A SARA’ DURA

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I colori dell’autunno sono già vivaci, sugli alberi del Parco di Trenno, quando in un giorno di ottobre, come funghi, sui suoi prati spuntano le prime cantierizzazioni per quella che dovrà diventare la Via d’Acqua per Expo2015. Inaspettata e inattesa per molti (non per chi come noi denuncia da mesi inutilità, costi e devastazioni dell’opera – vedi qui gli approfondimenti del caso: 1 2  – 3 4

la comparsa delle recinzioni provoca l’immediata reazione degli abitanti della zona e dei numerosi milanesi che abitualmente passano le loro giornate sui prati del Parco Trenno, tra partite a pallone, pic nic, relax e passeggio. Come già accaduto al Parco Cave e al q.re Gallaratese, per il Parco Pertini, non si capisce perché si debba distruggere aree verdi apprezzate e vissute da migliaia di persone ogni anno, per realizzare un canale di cui pochi sanno senso e dettagli.

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In maniera autorganizzata, con un gruppo di abitanti dei quartieri limitrofi al Parco di Trenno e di abituali fruitori e singoli attivisti di altre realtà milanesi di movimento, decidiamo che è venuto il momento di provare a fermare l’assedio, che in nome di Expo2015 (ma non solo, si veda la Goccia in Bovisa o il Giardino degli Aromi al Pini o il Pagiannunz ad Abbiategrasso) minaccia parchi, terreni agricoli, aree verdi, ovunque nel territorio metropolitano.

L’appuntamento è per sabato 9, nei locali di una delle ultime cooperative milanesi ad avere ancora alloggi a proprietà indivisa, ci si domanda come risponderanno gli abitanti di Trenno e la risposta è di quelle che riscaldano il cuore e danno gambe al nostro attivismo. Ci ritroviamo in un centinaio, soprattutto semplici cittadini, tutti molto determinati e incazzati per quello che minaccia l’integrità del Parco. C’è molta curiosità, si vuole sapere bene cosa accadrà. Tocca a noi questo ruolo, ben supportati dai locali attivisti di Italia Nostra, e scioriniamo cifre, costi, dettagli tecnici a chiarire e ribadire, non che per i presenti fosse in dubbio, l’inutile spreco di denaro pubblico che la Via d’Acqua rappresenta. Perché non serve da un punto di vista idraulico, per la sua nocività in termini ambientali e paesaggistici, per la menzogna delle motivazioni con cui la giustificano (il fabbisogno idrico per i campi del sud-ovest milanese e la necessità di portar via l’acqua dal sito Expo si possono risolvere in altro modo a costo molto più contenuto utilizzando vecchi condotti sotterranei, tuttora in buono stato di manutenzione, e i vecchi tracciati dei fontanili).

Lanciamo quella che appare l’unica proposta ragionevole e di prospettiva: la difesa dal basso del Parco attraverso la partecipazione, la mobilitazione, la controinformazione e il presidio del nascente cantiere. Non che altre vie, più istituzionali, siano sbagliate a prescindere, semplicemente, i poteri speciali di cui l’A.D. di Expo SpA gode, rendono necessaria una forte resistenza all’opera sul territorio, se vogliamo portare a casa il risultato.

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Il dibattito è animatissimo, tanti gli interventi, tutti molto sul pezzo come si suol dire. Una ragazza, alla prima esperienza di lotta, tocca le corde del cuore e parla di amore per il proprio territorio come una valsusina. Non sono pochi gli interventi che rimandano a quella capacità e volontà di difesa e autodeterminazione dei destini della propria terra, ricordando che anche in Valle sono vent’anni che devono fare il TAV e grazie al movimento probabilmente non lo faranno mai. C’è chi racconta altre lotte del quartiere, uno sguardo al passato per dire che il Gallaratese e Trenno hanno alle spalle una forte tradizione e capacità di mobilitarsi per fermare o modificare processi e trasformazioni urbane, che sembravano ineluttabili. Poi c’è anche spazio al campanilismo circoscrizionale e per la passerella istituzionale, parlano i rappresentanti dei vari partiti nei Consigli di Zona 7 e 8, qualche intervento di “pompieraggio” riformista o di vuota retorica, ma le persone vogliono sentire altro, non c’è spazio per divagazioni o proclami, si vuole andare al sodo e partono alcuni malumori. Troppa la voglia di essere concreti e darsi da fare senza perdersi in chiacchiere inutili. Semmai si vorrebbe sapere di più di Expo 2015, di chi paga, di chi decide.

E’ il momento delle proposte e di passare dal dibattito all’organizzazione; si parla di blocchi, di recinzioni da rimuovere, di materiale comunicativo da produrre; tra i meno avvezzi c’è chi teme il penale e chi vuole fermare via Cascina Bellaria. Una bella atmosfera, giovani e anziani, attivisti e quelli che è la prima volta, si alternano nel lanciare idee o fornire disponibilità e dopo più di due ore l’assemblea termina lasciando nella sala e in chi vi ha partecipato una grande energia positiva che fa ben sperare. E già c’è un primo appuntamento per sabato 16 alle ore 15 in via Lampugnano (e noi ci saremo con la mente in Valle così come saremo in Valle sempre il 16 con il cuore a Trenno), dove il Parco è già stato cantierizzato, per un’assemblea itinerante che porterà per il Parco le ragioni di chi si oppone all’inutile Via d’Acqua (qui l’evento facebook)  e dietro l’angolo è già prevista una manifestazione cittadina.

Chiaramente, nel frattempo, staremo con gli occhi bene aperti a che non arrivino le ruspe.

Collettivo OffTopic

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Nella Jungla d’asfalto di Expo2015

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Ci dicono che viviamo tempi di rilancio dell’economia e disegnano un oggetto che dovrebbe esserne il simbolo: le grandi opere.

Non ci riferiamo evidentemente alle manovre per rimettere in asse partiti svuotati di senso oppure per ridare ad anziani demagoghi una pelle splendida. Sono invece le nuove autostrade, almeno in Lombardia, le grandi opere che rappresentano la scommessa di politici regionali e nazionali; una scommessa a sentir loro già vincente, che muoverà circa 10,5 miliardi di euro (soldi nostri s’intende), perché lega la sua riuscita all’Esposizione Universale del 2015 a Milano.

Jolly o carta segnata? Che qualcuno stia barando, nelle grandi opere come nel grande evento, lo diciamo da tempo. Anche prima degli scandali, che non sorprendono (non si offenda la PD SìTAV Lorenzetti se ci auguriamo di non sentirla mai più, ha già fatto sufficienti danni), ma aumentano amarezza e rabbia. Inevitabile, in fondo; ormai dei contenuti di queste opere nessuno parla più, visto che i loro contenuti sono stati completamente sbugiardati da analisi e indagini indipendenti. Per questo, anche parlare di EXPO come fenomeno in grado di valorizzatore l’agroalimentare locale è una barzelletta che da tempo ha smesso di far ridere. Una situazione che invece non ha smesso di far partecipare e sollevare persone, comitati, realtà e soggetti sociali. Sull’antico progetto Pedemontana (parte del dossier Expo presentato al BIE) è da tempo attiva un’opposizione locale e sociale con la quale, come rete NoEXPO, fraternizziamo per via di una comune sensibilità avversa alle grandi devastazioni territoriali. Il cemento che cola dall’alto di una betoniera chiamata “uscita dalla crisi” altro non è che il modo attraverso cui la banda finanza/mattone, in gran parte responsabile della stessa crisi, cerca di spolpare risorse pubbliche. In modo spesso legale, perché si sono dotati di un’adeguata copertura legislativa, ma completamente illegittimo.

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