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La terza dimensione di Expo: la materialità del cemento
Un anno vissuto con l’attitudine noexpo non si divide in giorni e mesi, ma in piccoli o grandi momenti. Per questo ci sembra opportuno riprendere parola a fronte degli eventi così significativi come quelli delle ultime settimane: i primi cantieri dentro il perimetro della città di Milano, la risposta decisa e contraria dei quartieri cantierizzati, l’imbarazzo e i silenzi della Giunta Pisapia, lo stop dei lavori e delle ruspe, lo stato di solitudine della popolazione nei confronti degli interessi privati, la partecipazione attiva come strumento per ottenere risultati. Il comunicato che segue cerca di unire i puntini del nostro calendario alla luce di questi eventi. Buona lettura, ci vediamo tra Trenno e Baggio ai primi di gennaio.
A cinquecento giorni dall’apertura dei cancelli EXPO 2015 ha aperto cantieri anche dentro la città di Milano. Dopo anni di retoriche pro-evento, in cui la propaganda di Expo come volano per il rilancio dell’economia lombarda e nazionale è entrata in modo capillare nei discorsi pubblici delle principali cariche dello Stato e delle Istituzioni, l’apertura dei primi cantieri cittadini, tra piazza Castello, la Darsena e i parchi del nord-ovest milanese (parco di Trenno, delle Cave, Pertini), deve essere annotata come un passaggio decisivo: stiamo assistendo alla trasformazione delle infinite narrazioni expottimiste in cemento. Ed è proprio la materialità irreversibile del cemento -trasformando alcuni parchi cittadini in piccoli giardini di quartiere grazie al progetto della Via d’Acqua- che ci permette di toccare con mano le nocività insite nel progetto, a scapito del tema ufficiale della manifestazione (“Nutrire il pianeta – Energia per la vita”).
Sono stati anni in cui la retorica della grande promessa di Expo2015 e il parallelo sgretolarsi dell’immagine trionfale del grande evento (fenomeno dovuto a incompetenze, stupidità e alleanze con settori della criminalità organizzata, che hanno causato spreco di denaro pubblico e ritardi anche imposti dalla magistratura) non sono riusciti a suscitare l’interesse della popolazione. Il commissario con incarichi speciali Sala, il capo del governo Letta, il sindaco Pisapia, Confindustria, le sigle dei commercianti e tutti i loro partner non aspettavano altro. Da qualche settimana invece sta accadendo qualcosa, le persone si stanno interessando davvero e partecipano, ma diversamente da come molti si sarebbero aspettati. Ve li citiamo caso per caso, suggerendo a chi legge di mantenere un’ampia prospettiva di indagine e di analisi. Ieri la Martesana e l’est milanese per fermare la TEEM, oggi il parco di Trenno per fermare la Via d’acqua: se ci fermassimo all’elemento localistico perderemmo di vista il quadro complessivo e, con questo, gli strumenti più affilati con cui abbiamo costruito in questi anni l’opposizione a EXPO 2015 (dalla scomposizione del grande evento nelle tre direttrici “debito-cemento-precarietà”, alla creazione e scrittura di “Expopolis” come gioco e poi come libro, con tutto quello che ci sta in mezzo e che verrà).
Partiamo allora dal caso della mobilitazione che negli ultimi due mesi ha interessato la difesa dei grandi parchi della periferia nord-ovest (Trenno, Cave e Pertini), contro il progetto della Via d’Acqua: il primo vero fronte caldo che si è aperto in città dichiaratamente contro Expo, che ha visto la partecipazione dei cittadini dei quartieri e il contributo generoso degli attivisti di altri comitati e realtà, con una presenza costante dentro i cantieri per impedire i lavori e presidi sotto Comune e sede di Expo Spa. Proteste che hanno ottenuto un primo risultato importante: il blocco dei lavori e la disponibilità della Giunta a ridefinire il progetto. Per la prima volta la macchina di Expo si blocca e viene messa in discussione dalla mobilitazione popolare. E in discussione sono anche i poteri di Sala, commissario speciale e A.D. di Expo Spa, che decide se vanno o non vanno fatte le bonifiche. Un risultato che lascia sullo sfondo almeno un paio di considerazioni che non possono essere trascurate. La prima riguarda i poteri speciali conferiti a Sala: l’eletto da nessuno, ma scelto da alcuni particolarmente interessati, decide per tutti e, con un solo colpo di penna, può permettere di effettuare lavori su terreni dichiarati pericolosi (e che andrebbero bonificati prima di ogni eventuale lavoro) a scapito della popolazione. La seconda è una diretta conseguenza di questa scelta e verte sul diritto alla salute quando la politica (e i politici) si ritira e saltano i meccanismi di rappresentanza e mediazione: nel silenzio della Giunta Pisapia (colpevole di non aver stralciato in toto il progetto EXPO quando poteva farlo) e nell’impossibilità imbarazzata dei suoi organi di controllo di fermare le ruspe su quei terreni, il diritto alla salute diventa un lusso per alcuni e una scommessa per tutti gli altri, dentro una partita che si gioca tra singolo cittadino e impresa privata che fa i lavori dopo l’avvallo del commissario speciale. E’ il caso degli operai stranieri che, a inizio novembre, sono saliti su una delle gru del cantiere Merlata dove lavoravano, chiedendo i quattro mesi di salario non ancora corrisposti. Nel silenzio dei media e della Giunta arancione si è consumata la prima protesta contro le condizioni di lavoro imposte nei cantieri dell’Expo, in particolare ai lavoratori non sindacalizzati. E’ il caso, però, anche degli operai edili appartenenti alle sigle confederali, che venerdì 13 dicembre hanno scioperato e manifestato proprio ai cancelli dei cantieri nord dell’Expo. Il motivo? Protestare contro la deroga al Contratto nazionale per chi lavora alla costruzione del sito del megaevento: decisione che comporta salari più bassi anche per i sindacalizzati e l’applicazione di un modello contrattuale che azzera le tutele dei Ccnl, generalizzando così la precarietà già prevista dall’accordo del 26 luglio sui contratti di lavoro dentro il megaevento (e oltre). E’ il caso anche dei movimenti per la casa e dei Comitati per il Diritto all’Abitare, che devono affrontare emergenze abitative in pieno inverno avendo a che fare con un’Aler corrotta e incapace, che si è “scoperta” con un buco di oltre 400.000 euro dovuto a cattivi investimenti e mala amministrazione. Così come è il caso del movimento studentesco milanese e degli insegnanti delle scuole comunali, che negli ultimi mesi hanno riconosciuto nell’enorme buco di bilancio causato da Expo una delle principali cause della chiusura di alcune scuole (come nel quartiere Gallaratese, proprio quello interessato dalla Via d’Acqua), del progressivo abbandono da parte delle istituzioni competenti degli istituti ancora aperti.
La materialità del processo Expo, questa dimensione fatta di cemento e ruspe a scapito di tessuti sociali vivi, pur essendo all’inizio, è quindi già entrata prepotentemente nella vita pubblica della città sollevando resistenza. I prossimi mesi si rivelano quindi decisivi. Movimenti sociali, comitati di quartiere, cittadini di diverse fasce di reddito, lavoratori precari o in nero e operai: è evidente che tutti questi soggetti sono giunti sotto il Comune di Milano, sotto la sede di Expo di via Rovello e hanno fronteggiato i cantieri aperti (i tre luoghi simbolo delle larghe Intese che uniscono politica, finanza, grossa e piccola imprenditoria) arrivando da percorsi diversi. Però, esattamente come esiste una materialità comune che caratterizza il mega evento, allora è possibile individuarne una condivisa anche tra i molti soggetti che a questo si oppongono. “A lotte comuni un vocabolario comune”, abbiamo detto più di una volta: la sfida che ci aspetta nel cruciale 2014 è cominciare a raccogliere quanto seminato nel lavoro degli anni scorsi e dargli un senso in vista del primo maggio 2015.
Il primo passo è bloccare la Via d’acqua. Dopo aver parlato di NoExpo è ora di agire da NoExpo.
Leggi TuttoLa PRIMA – VERA di Milano – 7D h14 iniziativa a Trenno contro la via d’acqua per Expo2015
C’è un vento nuovo che spira da qualche settimana nella periferia ovest milanese. Un vento contagioso che porta persone, fino a ieri lontane dalla militanza politica, a diventare attivisti radicali in difesa del loro territorio. Non vogliono proprio saperne di un’opera, la Via d’Acqua per Expo2015, che, giustamente, ritengono inutile, costosa, nociva e devastante per tre parchi urbani. Un vento che porta energia alle persone e folletti nelle notti gelide; e succede che il cantiere non avanza, la politica inizia a mostrare nervosismo, i media si stanno accorgendo che a Trenno, al Gallaratese, a Baggio non si molla e non si mollerà, e ci associamo totalmente a questo impegno, fino a che non si vedranno uscire le ruspe dai parchi e fermeranno i cantieri della Via d’Acqua.
Non solo, ma questo vento fa svolazzare la coperta di Expo2015, sempre più corta, nonostante quel che dicano e fanno quotidianamente Sala, Letta, Maroni, Pisapia; perchè non solo a Trenno le persone stanno imparando non solo a fare uno più uno ma sono già all’analisi matematica….e così scoprono che dietro i toni trionfalistici e l’investitura ufficiale dei poteri speciali a Sala, il decreto Expo ha reso possibile lo scherzetto per cui un’area inquinata lo è meno solo perchè lo decide Sala (altrimenti tra soldi che mancano e tempi per le bonifiche bye bye Via d’Acqua).
Oppure scavano nella legge di stabilità dello Stato per il 2014 e salta fuori che si tagliano oltre 200 MLN di € per metrotranvie tra cui quelle dirette a Desio e Limbiate perchè i soldi vengono cannibalizzati dalle opere per Expo2015, che a differenza delle metrotranvie suddette, sono inutili e nocive come la Via d’Acqua. Non bastasse i milanesi iniziano a percepire tra Tarsu, addizionale Irpef, altri aumenti a tariffe e contestuali tagli a servizi e così è un calcio di rigore fare il paragone tra gli 89MLN di euro per la Via d’Acqua e queste politiche di austerity in quartieri dove c’è una scuola elementare chiusa senza fondi per la ristrutturazione, un ospedale (il San Carlo) a rischio chiusura, centinaia di alloggi ALER vuoti e dove a un chilometro in linea d’aria dal cantiere di Trenno ci sono le gru del cantiere di Cascina Merlata e i relativi lavoratori non pagati che protestano in quello che vuole essere il quartiere vetrina e porta verso il sito Expo targato Coop/BancaIntesa.
Ecco perchè pensiamo che il 7 dicembre al Parco Trenno e il 9 dicembre sotto palazzo Marino, siano iniziative che non possano vedere assenti tutti e tutte coloro che sul territorio metropolitano vasto lottano quotidianamente contro le devastazioni recate al territorio (ma anche ai nostri sogni, al nostro futuro) dalle opere di Expo o ad esso legate e anche chi si oppone al quotidiano consumo di suolo che soffoca le nostre vite.
Di seguito il comunicato di presentazione delle due iniziative
LA PRIMA-VERA DI MILANO, la nostra musica suona il cantiere.
Il 7 dicembre mentre la Milano che conta, quella che tifa Expo perché da Expo trarrà guadagno, il Sindaco, Sala e Letta saranno alla Prima della Scala, noi saremo nei nostri parchi, il Parco Trenno, il Parco Pertini e il Parco delle Cave, per difenderli dall’aggressione dell’inutile, costosa e nociva via d’acqua, e per difenderne gli alberi minacciati, i prati, la loro storia e il loro valore pubblico. Saremo lì perché altrimenti non ci sarà primavera per noi, perché non sapremo dove passarla. Dalle ore 14, riempiremo il Parco Trenno di voci, suoni, corpi per suonarle a un cantiere che non vogliamo, a un canale che non permetteremo sia realizzato e sabato lo ribadiremo assediando con i nostri corpi quelle reti maledette. Ci trasformeremo in via d’acqua noi stessi, ma una via d’acqua piena di calore e colore, una via d’acqua che non distrugge i parchi, al massimo rifiuta i cantieri.
E se i nostri suoni non fossero sufficienti per arrivare alle orecchie di chi, per una sera, è troppo preso da tenori e soprani, il 9 dicembre verremo noi in Piazza Scala, dalle 17,30, e ci faremo sentire da tutto il consiglio comunale: il cantiere ve lo diamo noi, così a chiarire che non accettiamo alcuna opera che devasti Trenno e gli altri parchi della periferia ovest di Milano.
La Via d’Acqua è un’opera inutile, 89 MLN di euro di soldi pubblici per realizzare un canale insignificante ai fini irrigui, dannoso per il territorio e il paesaggio, nocivo perché attraversa aree mai bonificate, e sostituibile, nel suo scopo di far defluire l’acqua dal sito Expo, da una rete di canali, fontanili, condotte preesistenti, come dimostrato da studi del Politecnico e di Italia Nostra.
Per questo non ci fermeremo nemmeno di fronte alle ruspe e annunciamo fin d’ora che, qualora la politica ed Expo Spa non recedessero dalle loro scelte, ci vedremo davanti al cantiere.
Se le ruspe proveranno a tornare, il presidio permanente con gioia e allegria sarà un ostacolo insormontabile.
COMITATO NO CANAL
info: nocanal@autistici.org
pagina facebook: difendiamo il parco Trenno dalla via d’acqua
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