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Inizia l’Accedemia Precaria a Piano Terra
Vi sono momenti storici che pesano e contano come epoche. Momenti nei quali le trasformazioni sociali, tecnologiche, economiche si intrecciano sovrapponendo i propri effetti e dando luogo a cambiamenti tanto radicali da apparire rivoluzioni vere e proprie. L’ultimo trentennio è uno di questi momenti storici. L’evoluzione tecnologica, la globalizzazione e la precarietà si sono succeduti a stretto giro ridefinendo completamente la prassi, le regole, i riferimenti, le istituzioni, le consuetudini, ovvero l’insieme sedimentato dei saperi e delle conoscenze acquisite.
Ciò che ieri era valido, ciò che ieri era autorevole, ciò che fino a ieri costituiva un’abitudine consolidata oggi non è più di alcun aiuto. Allo stesso tempo il modo con cui oggi si producono informazioni, comunicazione e simboli appare fantascienza se lo si paragona a ciò che era abituale 15 anni fa (epoca inimmaginabile senza telefonini e computer). O meglio. se facciamo lo sforzo di ricordarci il modo con cui la comunicazione interagiva con la nostra vita ci sembra di ricordare un’epoca lontana, quasi improbabile, ingestibile nei suoi aspetti più quotidiani.
Se è innegabile che in questi trent’anni si è compiuta una rivoluzione tecnologica, economica e culturale si sbaglierebbe nel credere che questa rivoluzione sia stata voluta progettata e gestita in modo coerente e determinato.
Al contrario. Le conseguenze, gli effetti che queste trasformazioni andranno a produrre sono tutt’altro che definiti e governati. Appare evidente da molteplici punti di vista: la rivoluzione tecnologica ha prodotto sicuramente nuove forme di profitto per il capitale ma contemporaneamente ha messo in moto e ha riattualizzato una critica ed un attacco al concetto di proprietà privata tutt’altro che governabile e contenibile.Contemporaneamente la globalizzazione nata come controffensiva del capitale con l’intento di intaccare la natura sociale dei sistemi di welfare nazionali ha prodotto un riposizionamento geopolitico delle forze in campo con un’avanzata di quelli che erano una volta gli stati del terzo mondo mettendo in crisi la supremazia culturale ed economica dell’occidente. Poi, la precarizzazione: figlia e frutto delle due rivoluzioni precedenti ha distrutto la civiltà fordista, ovvero quell’equilibrio socio-economico fra capitale e lavoro che aveva prodotto un periodo senza precedenti di progresso e che oggi viene visto quasi con nostalgia da molte forze politiche, non solo di sinistra. E se oggi la precarizzazione intacca drammaticamente i diritti e le retribuzioni delle classi più svantaggiate, è vero anche che la rottura dell’equilibrio socialdemocratico dominante per 50 anni consente alle stesse classi subalterne di liberarsi dall’accondiscendenza acritica verso i miasmi della cultura borghese. In primis, il culto del lavoro..
Ebbene. Se si prende atto di questa rivoluzione, se ci si rende conto che questa è il frutto incontrollato e non più gestito di scelte e di trasformazioni che hanno avuto luogo negli ultimi decenni. Se si considera tutto questo processo come una destrutturazione delle consuetudini, delle regole, delle prassi che hanno governato un certo modo di intendere la civiltà e il suo orizzonte, allora dobbiamo chiederci dove risiedono i nuovi saperi e le nuove conoscenze che ci permettono di surfare in questa processione rivoluzionaria, attraverso questo surriscaldamento globale non solo climatico e anche sociale.
Ebbene noi crediamo che queste conoscenze non alberghino più nelle istituzioni conclamate (università, sindacati, partiti, parlamenti) bensì nell’esperienza di chi ha provato a destreggiarsi nel caos rivoluzionario di questi tempi. E’ per questo che crediamo di poter dire senza essere arroganti di avere accumulato un insieme di informazioni e conoscenze, non sufficiente per essere esaustivo, ma sufficiente per fungere da primo aggregatore nella costituzione di saperi e di conoscenze differenti, capaci di indicare un altro orizzonte di civiltà capace di muovere passioni e partecipazione.
Per questo lanciamo una serie di appuntamenti di confronto e di dibattito, non seminariali ma informativi e auto-formativi, orizzontali e condivisi, aperti e liberi su tre tematiche che consideriamo fondamentali reddito, expo e cooperazione (p2p).
Introduzione al reddito garantito | lun 29.04, h19
Introduzione a Expo 2015 | ven 03.05, h19
Primo di tre incontri di formazione sull’esposizione universale di Milano:
*storia e in/attualità del mega-evento
*peculiarità e criticità di Expo 2015
*il caso studio della “via d’acqua”
dom 05.05 h14
la seconda tappa del nostro percorso abdica la dimensione seminariale per aprire un laboratorio con una prima esplorazione sul campo. Alle 14 di domenica appuntamento ciclomunito sul ponte della Darsena per andare alla scoperta del progetto “via d’acqua”
A seguire incontro aperto al Bosco in Città alle h16.30 e serata #criticalmass al Piano Terra.
Leggi Tutto#Debito#Cemento#Precarietà – Note primaverili alla tavola di Expo 2015
Ministero del cemento – YouTube
La recente, ennesima, crisi del debito riapre la possibilità di introdurre argomentazioni radicali, nel panorama spoglio di contenuti di una politica inadeguata, che persevera in ragionamenti superficiali non in grado di intaccare realmente lo stato di cose (per non parlare delle esoteriche ritualità parlamentaristiche). Argomentazioni radicali con lo scopo di creare spazi di interlocuzione produttivi in cui si perseguono non tanto risposte a problemi (andate dal medico per ottenere ricette di questo tipo) quanto domande in grado di stimolare un nuovo momento di libero confronto sociale senza dogmi e senza imposizioni. Un momento in cui poter ragionare con la pistola puntata alle tempie rivelatasi scarica. Lungi dall’aprire capitoli depressivi su una società in decomposizione, ci piace pensare ad una nuova speranza, a nuove possibilità e nuovi approcci rispetto ad attività sino ad ora utilizzate dalla new governance per promuovere disuguaglianza e nocività. Per questo motivo è per noi necessario stimolare un ragionamento sul debito in quanto strumento di governo con cui si effettuano scelte che hanno forti ripercussioni sociali. Per questo motivo non ci esimiamo dal criticare gli allarmismi riguardo alla crisi del cemento. Per questo motivo osserviamo come, anche nel terreno del lavoro, lo smantellamento dei diritti e delle garanzie proceda rapidamente anche all’interno di settori un tempo considerati “garantiti”.
Sullo sfondo Expo2015, il megaevento, volano delle trasformazioni territoriali, economiche e sociali.
#debito#cemento#precarietà, note primaverili
Il #debito finanziario del Comune di Milano ammonta a 4,3 miliardi di euro. Circa un terzo di questo debito è composto da prestiti obbligazionari. Nel 2010 il debito del Comune era di poco inferiore ai 4 miliardi di euro, ai tempi secondo in Italia per debito pro capite (dopo, guarda caso, Torino) e primo per debito complessivo. Qui i dati. Non ci sono ancora tabelle simili per gli anni seguenti. Il rating di Milano, per l’agenzia Fitch, è A-. L’abolizione dell’ICI, il progressivo taglio di trasferimenti dallo stato al locale e gli interessi del debito contratto con le banche sono tre dei principali elementi che hanno prodotto la voragine.
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